Su un isolotto che sorge nel Mar Egeo meridionale, dal nome Daskaliò, anticamente collegato all’adiacente località di Kavos dell’isola di Keros da una sottile lingua di terra, le indagini archeologiche hanno portato alla luce resti di strutture architettoniche straordinarie. Questi reperti, secondo gli archeologi, testimoniano la presenza di un centro abitato assai importante che fiorì nella prima età del bronzo.

Gli scavi, effettuati nell’ambito del progetto di ricerca quadriennale “Vie marine Keros-Naxos”, di recente concluso, sono stati realizzati dall’Università di Cambridge, sotto l’egida della Scuola Britannica di Archeologia di Atene e la supervisione della Soprintendenza alle Antichità delle Cicladi. Avvalendosi anche delle nuove tecnologie applicate ai Beni Culturali, le indagini sul posto hanno potuto ricostruire la vita socioeconomica della comunità e rivelare l’esistenza di una complessa e stratificata società dell’antico Cicladico in possesso di un’elevata perizia tecnica.

L’abitato di Daskaliò, all’epoca arrampicato su questo promontorio ripido di Keros, fu dotato di una serie di scale in pietra impressionanti, portoni d’ingresso enormi e di un sistema complicato di tubi di drenaggio, che manifestano un’architettura urbana senza pari nel periodo in considerazione, paragonabile per complessità solo a quella posteriore di Cnosso a Creta, e denotano l’intervento di un architetto specializzato e di un potere centralizzato capace di organizzare e portare a termine una tale progettazione edilizia. Le case di Daskaliò furono perlopiù costruite con un marmo proveniente dalla vicina isola di Naxos, il quale, a differenza di quello locale, era di alta qualità. Le importazioni, peraltro, non si limitavano al marmo, ma come si evince dai reperti ritrovati, comprendevano una serie di materie prime e manufatti, come gli attrezzi di ossidiana e il vetro vulcanico da Milo, gli oggetti di ceramica, nonché vari prodotti alimentari dalle isole circostanti. Il che dimostra l’esistenza di una fitta e immensa rete commerciale marittima che racchiudeva in sé l’intero arcipelago delle Cicladi e conferma il fatto che le popolazioni insulari furono marinai esperti.

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Tra i reperti rinvenuti durante gli ultimi scavi, però, al primo posto per importanza si trovano gli impianti per la fusione di manufatti di rame come le bipenni, gli scalpelli, le punte di lancia, e i pugnali. In effetti, come evidenziano pure la notevole quantità di materie prime importate e destinate all’elaborazione dei metalli, e le tracce di scorie su diversi frantumi di ceramica, la metallurgia dovrebbe costituire l’attività principale degli abitanti, e lo scambio di oggetti metallici potrebbe anche essere la ragion d’essere di tutta questa rete commerciale al centro della quale si collocava Daskaliò.

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Tuttavia, oltre a quanto menzionato, è degno di nota che le indagini a Daskaliò sembrano anche di corroborare l’ipotesi già formulata in precedenza riguardo al mistero del santuario di Kavos. Con l’inizio, nel 1963, dei primi scavi ufficiali a Kavos, che secondo il professore C. Renfrew rappresenta il più antico santuario marino al mondo, sul posto furono ritrovate grandi quantità di frammenti di statuette in marmo, vasi, e ceramiche, i quali, si ritenne, fossero opera degli scavi clandestini avvenuti prima. Gli scavi del 1987 e del 1988, però, consentirono un’altra interpretazione, secondo la quale gli oggetti fossero frantumati fin dall’antichità, quando vennero depositati ritualmente al santuario. Gli ultimi scavi a Daskaliò, infine, sembrano di confermare questa ipotesi, rendendo più chiara la natura e la funzione del santuario, che costituiva all’epoca un centro regionale di massima importanza per l’arcipelago delle Cicladi.

Fonte di informazioni e immagini: Ministero della Cultura e dello Sport della Repubblica Ellenica

 

s.d.

 

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