Νato a Iraklion, in Creta, nel 1883, Nikos Kazantzakis è l’autore greco più prolifico, più noto e maggiormente tradotto nel mondo. Grande scrittore, autore teatrale, pensatore, saggista, traduttore e molto altro, nazionale ed ecumenico, è da inserire, ormai, fra i classici di ogni epoca.

Kazantzakis nasce il 18 febbraio 1883 a Iraklion, capitale di Creta occupata dai Turchi; il padre, Michalis, discendente da una cupa famiglia di corsari, è un valoroso combattente contro gli invasori, e identifica il proprio onore con l’onore dell’isola. L’infanzia e l’adolescenza di Nikos sono segnate dalla rivoluzione cretese del 1889 e dalla sollevazione finale del 1909. Questa terribile lotta per la libertà segna per sempre l’Autore. Anche se ben presto lascia Creta, anche se non tarda ad andarsene a Parigi e a intraprendere interminabili pellegrinaggi, anche se dal 1946 fino alla morte (avvenuta nel 1957, al ritorno da un nuovo viaggio in Estremo Oriente) non tornerà più in patria, Creta resta per lui la metafora perfetta dell’infaticabile lotta per la libertà, simbolo dell’agone umano per riscattarsi. Molteplici sono le influenze culturali riscontrabili nell’opera di Kazantzakis: ma, fino alla fine, il vero punto di riferimento è Creta, il suo sangue che scorre in una segreta vena maestra.

Nel 1902, Kazantzakis si trasferisce ad Atene, dove studia legge, e successivamente, nel 1907, a Parigi, dove segue alcune lezioni di Bergson e vienne introdotto alla filosofia di Nietzsche, da cui sarà fortemente influenzato. Tornato in patria, lavora alla traduzione di opere filosofiche e, per circa sette mesi ha mantenuto l’incarico di direttore generale del ministero dell’assistenza, nel governo Venizèlos (1919- 1920) per quarantacinque giorni è stato ministro senza portafoglio (1945- ‘46) nel governo Sofoulis, e consigliere all’Unesco per undici mesi (1947-’48).

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L’opera di Kazantzakis è caratterizzata da una grande molteplicità: diciassette tragedie e drammi, viaggi in Francia, Spagna, Cina, Giappone, Italia, Palestina, Egitto, e molte altre zone, un forte interesse per la figura e la vita di Cristo, nel suo aspetto umano e nella sua riproposizione nel mondo di oggi, pieno di squilibri e ingiustizie sociali, attraverso personaggi-interpreti che arrivano a confondersi con la storia rappresentata e a viverne la passione e il sacrificio.

Il suo universo letterario è vasto. Si dedicò a tutti i generi di scrittura. La poesia, il dramma, il racconto, il saggio, la filosofia, le traduzioni, le biografie la letteratura di viaggio, il giornalismo, la cronaca. Per comprendere la sua unicità si deve avere in mente che è in Kazantzakis si ritrova l’energia di chi è profondamente immerso nell’elaborazione del pensiero ma, al contempo, non rinuncia alla sfida dell’azione. La lingua ha un ruolo importante nelle sue opere. Kazantzakis si rifiutò di scrivere in una lingua che non fosse il greco. Per Kazantzakis, scrivere, voleva dire coinvolgere tutto il suo essere “riempire le sue dita di sangue” e questo si può fare solo usando la propria lingua madre. Kazantzakis era convinto che dando risalto a determinate parole, avrebbe potuto far nascere delle emozioni nelle persone e spingerle ad usare questi termini.

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È davvero difficile dividere in generi la sua opera. Kazantzakis era un pensatore totalitario, che accostava tutti i generi letterari, indipendentemente da circuiti letterari e scuole, un anticonformista, uno che non accettava compromessi, un uomo libero. Il grande pubblico lo conosce attraverso la trasposizione cinematografica dei suoi romanzi: Zorba il Greco, Cristo di nuovo in croce, L’ultima tentazione di Cristo.

Del 1927 è L’Ascetica, prosa di contenuto filosofico e metafisico che ha però la fluidità e l’eleganza di un’opera letteraria. Durante la seconda guerra mondiale la Grecia è stretta dalla dura occupazione nazifascista e Kazantzakis proprio in questi anni terribili produce la sua creatura più luminosa, Alexis Zorbàs, protagonista del romanzo omonimo (pubblicato nel 1946 – trad.italiana ed.Crocetti 2010). Indimenticabile l’interpretazione di Anthony Quinn nei panni di Zorba, nella versione cinematografica del regista Cacoyannis, con le musiche di Theodorakis. Altri suoi famosi romanzi sono: Il poverello di Dio, sulla figura di San Francesco (nella recentissima traduzione italiana Francesco, ed.Crocetti 2013); Capitan Michele, Cristo di nuovo in croce e L’ultima tentazione di Cristo crearono scandalo presso il clero.

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“Il Poverelllo di Dio”, libro basato sulla vita di Francesco d’Assisi, non è una biografia, ma una rivisitazione personale sulla vita ed il pensiero del santo. «Per me San Francesco è il modello dell’uomo militante che con una lotta incessante e durissima riesce a compiere il dovere supremo dell’uomo, quello che è superiore anche alla morale, alla verità e alla bellezza: trasformare la materia che Dio gli ha affidato rendendola spirito», scrisse Kazantzakis nell’introduzione alla prima edizione.

Nella sua opera narrativa è evidente un’insistente ricerca degli elementi oppositivi che incarnano il volto assoluto e contraddittorio dell’uomo, ma in modo particolare simboleggiano la sua lotta per l’esistenza. Via i suoi eroi, Kazantzakis intendeva a comunicare al lettore l’idea della loro “agonia” esistenziale. I suoi personaggi, come Zorba, sono così diventati dei simboli di portata mondiale. In fondo, tutti gli eroi di Kazantzakis si assomigliano in qualche modo, rappresentano quel fuoco che consuma o logora l’uomo fino alla morte, nella ricerca della verità. Hanno gli stessi ideali: l’amore, la libertà, la spiritualità, l’onestà, il sacrificio, la semplicità, l’umiltà.

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Tutta l’opera di Kazantzakis è colma di poesia. Spesso, dimentichiamo il suo grande amore per la poesia, forse perché la sua creazione poetica è meno conosciuta. Per Kazantzakis,’’ la poesia era una strega bellissima. Sul suo seno chiunque dimentica ogni dolore e nel suo sguardo sente il brivido della voluttà’’. Il poeta per Kazantzakis è un creatore, un combattente, un visionario. Il poeta nella vita quotidiana deve militare al servizio della pace, contro l’ingiustizia e al fianco della libertà. Per lui la poesia è inseparabile dalla vita.

Kazantzakis ha scritto tre opere puramente poetiche: Odissea, Terzine, Sonetti. L’Odissea è un’opera monumentale di 33.333 versi e Kazantzakis ha impiegato 13 anni per scriverla. In quest’opera descrive le avventure di Ulisse, le avventure dell’uomo contemporaneo alla ricerca di una vita nuova, alla ricerca della libertà, del suo compimento. Kazantzakis ha scritto questo poema ispirandosi ai suoi viaggi in Europa, in Africa e in Asia, alle sue innumerevoli letture. Mentre la scriveva pensava alle generazioni future: «Quest’opera, dice Kazantzakis, non è stata scritta per i vecchi, è stata scritta per i giovani e per quelli devono ancora nascere. È un libro che porterò con me nella tomba». Le Terzine è un’opera piuttosto sconosciuta. Si tratta di 21 poesie. ‘’In questi canti ho voluto far vedere l’agitazione e la gioia che mi danno le anime che hanno nutrito la mia anima’’, diceva Kazantzakis. I Sonetti pubblicate nel 1914 erano scritte sotto l’influenza di Dante.

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Kazantzakis amava i poeti greci. Verso la fine della sua vita confessò ad un amico che aveva realizzato un’antologia di cento poesie di autori greci. Amava anche i poeti europei, latinoamericani e orientali. Ha tradotto alcune loro poesie in greco. Inoltre, su di loro scrisse molti articoli e note, pubblicati la maggior parte nel Dizionario Enciclopedico di Eleftherudakis. Kazantzakis ha anche realizzato un’antologia di poeti francesi che oggi si trova nel Museo Storico di Creta a Iraklio.

Kazantzakis muore a Friburgo in Brisgovia nel 1957, all’età di settantaquattro anni e viene sepolto a Iraklion. Attraverso la sua arte e la sua ascesi personale, è andato oltre la sua epoca di decadenza, e ha cercato tra le rovine dell’antica civiltà unsegno da proiettare nel futuro. L’epitaffio sulla sua tomba recita la sua famosissima frase: “Non spero nulla. Non temo nulla. Sono libero”.

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foto in copertina: Agenzia nazionale di stampa greca ΑΝΑ-ΜPA