Costa-Gavras è nato nel 1933 a Loutra Iraias, in Arcadia (nel Peloponneso). Dopo la scuola superiore è andato in Francia, dove ha studiato alla Scuola Nazionale francese di Cinema (IDHEC, Institut Des Hautes Études Cinématographiques). Nel 1965 ha girato il suo primo lungometraggio, “Vagone Letto per Assassini” (“Compartiment Tueurs”), dopo aver lavorato a diversi film come assistente regista. Il suo film “Z, l’Orgia del Potere” (“Z”, 1969), un racconto romanzato del caso dell’assassinio del politico greco Grigoris Lambrakis nel 1963, è stato premiato con l’Oscar per il Miglior film in lingua straniera del 1970 (Academy Award for Best Foreign Language Film, 1970). A questo riconoscimento ha fatto seguito una serie di film di successo come “La confessione” (“L’aveu”, 1970), “L’Amerikano” (“État de siège”, 1972) e “Scomparso” (“Missing”, 1982) che ha vinto il premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale e la Palma d’oro del Festival di Cannes. Il suo film “Prova d’accusa” (“Music Box”, 1989), un altro film ispirato alla cronaca, ha vinto l’Orso d’oro della 40esima Berlinale. I suoi film più recenti sono “Amen” (2002), “Cacciatore di teste” (“Le Couperet“, 2005), “Verso l’Eden” (“Eden à l’Ouest“, 2009) e “Il Capitale” (“Le Capital“, 2012). Oltre alla sua acclamata carriera da regista, Costa-Gavras è anche presidente della Cinémathèque Française e fondatore della Fondation Gan pour le Cinéma.
 
Durante le riprese del suo ultimo film, “Adults in the Room” (“Adulti nella stanza”), Costa-Gavras è stato intervistato dal nostro bollettino d’informazione anglofono Greek News Agenda (GNA) e dal suo gemello francofono Grèce-Hebdo*.
 
Oggi vi presentiamo la versione italiana di questa intervista in cui Costa-Gavras sottolinea che ciò che maggiormente gli interessa nel suo lavoro è il ruolo della persona nella società e la sua interazione con il potere e l’autorità. Dalla sua lunga esperienza da regista e produttore acclamato a livello internazionale, Costa-Gavras mette in evidenza gli elementi costitutivi di una politica di successo per il cinema nazionale, illustrando la necessità di un sostegno solido e coerente da parte dello stato. Parlando della sua esperienza nelle riprese in Grecia, Costa-Gavras pone l’accento sull’impatto positivo dei nuovi incentivi per gli investimenti nelle produzioni audiovisive in Grecia e contraddice l’idea dell’assenza di troupe cinematografiche specializzate nel Paese.
 
Yves Montand Z
 Yves Montand, “Z” (1969)
 
Le attribuiscono la qualifica di “cineasta politico”. Che cosa ne pensa? É una qualifica che riassume con successo la Sua opera?
 
Questa è una qualifica attribuita dai giornalisti, non è un problema mio. Penso che le arti in generale, e non solo il cinema, abbiano una funzione politica nella società – non in un senso ideologico, ma piuttosto in quanto influenzano il nostro comportamento sociale. Aristotele disse che l’uomo è un animale politico. Perché un animale politico? Prima di tutto, un animale vive in compagnia di altri animali in un gruppo, come fanno gli esseri umani. La differenza tra animali ed esseri umani è che gli animali decidono da soli su se stessi, mentre gli umani cercano di formare società e affrontare le difficoltà insieme. Quindi, questa è la politica per me: cosa facciamo nella nostra vita quotidiana e l’interazione che abbiamo con il potere e l’autorità. Per me, la politica è ovunque; non si tratta solo di partiti politici ed elezioni, che ovviamente sono una parte molto importante della politica. I miei film parlano del nostro posto nella società e di come usiamo il potere. Penso che tutti i film siano politici, persino le commedie; perché ci offrono dei momenti piacevoli. Un momento di piacere è importante nella nostra vita, purché non sia volgare e degradante.
 Jack Lemmon Sissy Speicek Missing
Jack Lemmon, Sissy Speicek, “Missing” (1982)
 
Nella Sua autobiografia recentemente pubblicata “Va où il est impossible d’aller” (“Va’ dove è impossibile andare”) ci racconta come ha lasciato la Grecia a causa della storia politica della Sua famiglia. Quale dei Suoi film riflette maggiormente quel periodo della Sua vita?
 
Mio padre fu etichettato come comunista, quando in realtà solo era contrario alla monarchia. Ebbe combattuto in Asia Minore, visse la morte di molti dei suoi amici, e poiché era contro la reintegrazione del Re Giorgio alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu accusato di essere un comunista e fu ripetutamente imprigionato. Ebbe combattuto nella resistenza greca con l’EAM (Fronte di liberazione nazionale) ma non apparteneva al partito comunista e non partecipò alla guerra civile greca. Durante quel periodo, non avrei potuto studiare nell’università greca. Per me il modo migliore per riuscire a studiare era fuggire all’estero; così come nel caso della Grecia nel 2010, quando migliaia di giovani hanno lasciato il Paese. Molti di essi sono andati in Australia, altri sono partiti per gli Stati Uniti. Io sono andato in Francia, perché era l’unico paese in cui non dovevo pagare le tasse per i miei studi. I miei genitori non avevano soldi per mandarmi, quindi dovevo lavorare per sostenere me stesso.
 
Per quanto riguarda il riflettersi di questo periodo della mia vita nei miei film, penso che in ognuno dei miei film ci sia una parte di me come un giovane che ha vissuto questo tipo di avventura. Questa esperienza ha sicuramente influenzato il mio lavoro e la mia scelta di film, in maniera più o meno consapevole.
 Yves montand Laveu
Yves Montand, “The Confession” (1970)
 
Lei ha lavorato in Francia, in Grecia e negli Stati Uniti. In quale paese e in quale periodo ha sentito di avere più libertà artistica?
 
Ho sempre sentito questa libertà in Francia, perché il sistema facilita chi vuole fare film. Dopo la fine dell’occupazione tedesca in Francia, un periodo durante il quale il cinema francese era nelle mani dei nazisti, tutta la produzione americana degli ultimi cinque anni entrò nel mercato cinematografico francese e quasi spazzò via il cinema francese. Il governo de Gaulle decise che la Francia doveva avere un cinema nazionale e tutti i successivi governi continuarono sullo stesso percorso, trovando soluzioni per ogni problema che si presentava. L’avvento della televisione era una minaccia per il cinema francese, ma lo stato aveva una risposta anche per questo. Il Centro Cinematografico Nazionale (CNC) trova sempre delle soluzioni e il cinema francese gode della libertà e del sostegno statale. E supporto non significa solo denaro; le do un esempio: noi produttori di film abbiamo chiesto alle televisioni di smettere la proiezione di film il sabato sera, perché di solito in quella fascia oraria c’erano dei blockbusters americani. Oggi non ci sono film sulla TV il sabato sera e la gente esce, va al cinema o al ristorante, invece di guardare i film di successo americani sulla TV, come si faceva prima. Inoltre, abbiamo chiesto che i film non venissero interrotti dagli spot commerciali televisivi, ed adesso solo un grande canale televisivo inserisce un’interruzione pubblicitaria. Queste facilitazioni aiutano la produzione cinematografica francese. Questo è il motivo per cui ogni anno vengono prodotti 200 film francesi, 30 dei quali sono di registi nuovi. Ci sono anche circa 30-40 film fatti da registe donne, e questo è un caso unico al mondo.
 Jessica Lange Armin Mueller Stahl Music Box
Jessica Lange, Armin Mueller-Stahl, “Music Box” (1989)
 
L’antica tragedia greca è ricorrente nei Suoi film. I Suoi eroi si confrontano con il Potere e l’Autorità nelle sue varie forme e, o perdono o le loro vittorie sono vuote. Qual è il significato della tragedia per Lei?
 
La Grecia è il luogo di nascita del dramma. Gli antichi greci introdussero la tragedia ex novo come un genere e una struttura. Tutti gli spettacoli del mondo seguono le regole dell’antica tragedia greca e seguono la stessa struttura definita da Aristotele, che ha un inizio, una parte centrale e una fine. Dal momento in cui nasciamo, conviviamo con la tragedia. La tragedia della vita, la tragedia della Grecia, che ha attraversato così tante tragedie… poi arriviamo alla tragedia nel dramma. Per me la tragedia è simile alla vita. La vita comprende tutto. Non capisco davvero chi dice che dovremmo essere sempre felici. Cosa significa la felicità? Siamo in grado di assaporare la felicità, perché non è qualcosa che ci piace ogni giorno. Il contrasto tra momenti felici e infelici nella vita rende più intense i casi di felicità o infelicità.
 
E il potere? Il significato del potere è cambiato negli ultimi anni?
Viviamo sotto l’autorità fin dall’infanzia; fai questo, o non farlo … Il potere può essere usato in modo positivo, in quanto viene seguito dal ragionamento sul perché si dovrebbe fare una cosa o no. Secondo me, la peggiore forma di esercizio dell’autorità è quando non ci sono spiegazioni sul perché e sul come. Ci troviamo infinitamente sotto l’autorità ma esercitiamo anche l’autorità su altre persone. Come ho detto prima, questa è la politica quotidiana.
Kurosawa Collage 2
 Akira Kurosawa’s letter to Ingmar Bergman/ “Two divinities dancing” painting by Tomioka Tessai (1924)
 
Akira Kurosawa, nella sua lettera a Igmar Bergman, sostiene che gli artisti raggiungano il loro apice creativo dopo l’età di 80 anni. Cosa ne pensa?
 
Non lo so… è vero che Kurosawa ha continuato a fare film dopo aver raggiunto gli 80 anni di età, ma ci sono alcuni prerequisiti per questo, inclusa una buona condizione fisica; perché fare un film è uguale al correre la maratona. Io stesso ho 86 anni e posso dire che ciò che cambia con l’età è l’esperienza, il modo in cui guardi le altre persone e il modo in cui vedi la vita. Se la salute fisica e l’esperienza coesistono, allora puoi aspettarti delle cose. E Kurosawa godeva di entrambe.
 
the capital
 Gad Elmaleh, Gabriel Byrne, “The Capital” (2012)
 
Lei segue gli sviluppi nel cinema greco?
 
Sì, certamente. A volte lo stato aiuta il cinema, in altri casi no. I cineasti greci si sentono abbandonati. Non è sufficiente avere un Centro Cinematografico Nazionale; l’aiuto costante e la determinazione per sostenere il cinema greco sono necessari, perché un film greco può viaggiare per il mondo e dire tante cose sulla Grecia. È imperativo avere il cinema nazionale con un sostegno statale solido e continuo, accompagnato dal giusto quadro giuridico: i cineasti greci dovrebbero essere facilitati a girare nei siti archeologici greci; il Centro Cinematografico Greco dovrebbe anche facilitare la realizazione di produzioni “difficili”, che sono più esigenti per il pubblico. A volte il pubblico supera le nostre aspettative e lo stato deve generare quelle condizioni di libertà e sostegno che incoraggiano gli sceneggiatori e i registi a creare. Molti anni fa, un ministro del turismo mi ha chiesto quali cambiamenti sono necessari per attrarre le produzioni straniere. Gli ho offerto i miei pensieri, ma non è successo niente.
 
Attualmente si stanno svolgendo cambiamenti radicali per quanto riguarda i nuovi incentivi finanziari e fiscali, e li trovo molto positivi. È importante attrarre i produttori stranieri, perché la Grecia li interessa. Lo so dalle discussioni con loro. Mi dicono che le cose sono difficili in Grecia. Questi cambiamenti stanno iniziando a rendere le cose più facili per i registi e i produttori. Tra lo stato e i registi deve esserci una relazione continua. Se questi cambiamenti continueranno, porteranno grandi miglioramenti sia per l’economia in generale che per i cineasti stessi.
 
Devo sottolineare che anche la Grecia ha troupe cinematografiche e tecnici eccellenti. Lavorando per il mio nuovo film qui in Grecia, lavoro con le troupe greche e sono davvero sorpreso dalla qualità del loro lavoro. Prima di tutto, sto lavorando con Yiorgos Arvanitis, direttore della fotografia di fama internazionale, che ha un team altamente competente. Anche la troupe del suono è eccellente e lo stesso vale per le impostazioni del film. Tutte le troupe greche con cui sto lavorando parlano inglese; sono sempre preparate e altamente qualificate. Quindi, non è vero che non ci siano troupe cinematograciche e tecnici qualificati in Grecia.
 
Ci sono piccoli paesi con cinema nazionali forti, come la Svezia o Israele. Se i paesi più piccoli possono farlo, perché non lo possiamo fare anche noi?
 
Amen poster
Mathieu Kassovitz, Ulrich Tukur, “Amen” (2002)
 
In retrospettiva, pensa che l’età d’oro del cinema europeo sia finita? É ottimista sulla produzione cinematografica contemporanea?
 
La produzione cinematografica di oggi sta attraversando cambiamenti rivoluzionari, di cui abbiamo visto solo una parte, la parte digitale. Il modo in cui pensiamo ai film, il modo in cui realizziamo i film e il modo in cui i film sono visti stanno cambiando. Il modo in cui i film vengono prodotti sta cambiando. E questo funziona in due direzioni; le grandi compagnie finanziano i film ma impongono grandi limitazioni alla loro distribuzione, nel senso che i film possono essere disponibili solo sulle reti televisive. Se continua così, le grandi aziende otterranno sempre più potere che le permetterà di scegliere quali film verranno effettivamente prodotti e quali no. In Europa, dobbiamo resistere ferocemente a questo; non al sistema, perché il sistema esiste e, da un certo punto di vista, ha un lato positivo, nel senso che offre alle persone che vivono in aree senza accesso ai cinema la possibilità di guardare dei film nel comfort delle loro case. Ciò che invece è negativo è che questo sistema può prendere il controllo della produzione cinematografica mondiale, minacciando il cinema personale e nazionale. Ma il sistema non se ne preoccupa; è interessato solo al botteghino. Pensano di avere la ricetta per i film di successo commerciale, e questo avrà ripercussioni negative sulla realizzazione di film.
 
La nozione di cinema nazionale ed europeo deve essere fortemente sostenuta. Facciamo spesso ricorso a J.-C. Juncker per quanto riguarda le azioni future e le misure da prendere in questa direzione. Il cinema fa parte della grande strada verso la cooperazione pacifica che riguarda l’UE. Dicendo che abbiamo bisogno del cinema europeo, mi fa pensare in termini di finanziamento e di quadro giuridico, perché il cinema è innanzitutto personale, nazionale e può diventare in seguito europeo. L’Europa deve adottare una posizione molto positiva nei confronti del cinema e stiamo lavorando molto in questa direzione in Francia.
 
Eden poster 
Ci vorrebbe parlare del Suo lavoro alla Cinémathèque Française?
 
Nel contesto della conservazione dei film in Francia, si è cercato di preservare e salvare i film muti (che non sono mai stati veramente silenziosi, ma questo è un altro problema). Henry Langlois, direttore della Cinémathèque, ha iniziato a selezionare materiale cinematografico e non cinematografico (sceneggiature, ecc.). Venendo al presente, mi è stato chiesto di diventare il Presidente della Cinémathèque con il suo vasto materiale. Abbiamo in programma di realizzare un Museo Europeo per il Cinema e cerchiamo di trovare i fondi necessari per farlo. Questo progetto è condotto dalla Cinιémathèque francese ma riguarda un museo europeo, perché abbiamo una vasta collezione in magazzino che dovrebbe essere esposta. I giovani dovrebbero saperne di più sulla storia del cinema e la sua funzione educativa nella società contemporanea. Il cinema ci ha aiutato a entrare in contatto con altre culture, come nel caso di Kurosawa, che avete menzionato prima. Quando i film greci viaggiano all’estero, informano il pubblico straniero sullo stile di vita greco e sul modo di pensare greco e questo è ciò che rende il cinema greco così importante.
 
Tornando allo scopo dell’esistenza di una Cinémathèque, il suo obiettivo dovrebbe essere quello di selezionare il maggior numero possibile di film, non solo di salvarli. Ogni anno alla Cinémathèque francese vengono proiettati circa 2.200 film; questo significa un numero di circa quattro a cinque film proiettati al giorno. A volte abbiamo un vasto pubblico, a volte meno. Ecco a cosa serve la Cinémathèque.
 
gavras
Costa Gavras. Source: Cinémathèque
 
Un’ultima domanda; ha paura che l’intrattenimento domestico possa sostituire le proiezioni cinematografiche?
 
C’è sempre quel rischio, ma lo stesso è stato detto sul teatro, che c’è ancora 2.500 anni dopo la sua nascita. Il cinema ha solo 120 anni. Credo che continuerà, per le ragioni che ho spiegato prima.
 
 
 
*Intervista accordata a Florentia Kiortsi (Greek News Agenda) e Kostas Mavroidis (Grèce-Hebdo).
 
Versione italiana dell’intervista: Anastasia Kiriakù (Punto Grecia).

TAGS: Arte | Interviste | Opinioni | Personnaggi | UE