Ieri lo vidi fermarsi alla porta

sotto la mia finestra: erano, forse,

le sette: una donna era con lui.

Aveva l’aspetto d’Elpènore, un po’ prima

che andasse a sfracellarsi,

ma non era ubriaco.

Parlava molto svelto, e lei

guardava i grammofoni, assente:

l’interrompeva per dire una frase

poi si dava a guardare con ansia

dove friggono il pesce: una gatta.

Lui sussurrava, con una cicca spenta fra le labbra:

« Ascolta ancora. Alla luna

si piegano le statue talora come canne

tra vivi frutti – le statue:

e la fiamma diventa un oleandro fresco,

la fiamma che brucia l’uomo, intendo».

– « E’ la luce … le ombre della notte … »

– « La notte, forse, che s’è aperta,

melagrana celeste,

grembo scuro, colmandoti di stelle

spezzando il tempo.    

Ma le statue

si piegano talora scindendo il desiderio

in due come una pèsca; e la fiamma

diviene bacio sulle membra, singhiozzo,

poi foglia fredda alla balìa del vento;

si piegano, diventano leggere, con un peso

umano.                              

Non lo si può scordare ».

-« Stanno nel museo, le statue ».

– « No, ti dànno la caccia, non lo vedi?

con le membra spezzate, intendo,

con l’aliena figura, sconosciuta,

che tuttavia conosci.

Come quando

ami, alla fine della giovinezza,

una donna rimasta bella. Mentre

la tieni, nuda nel meriggio, temi

la memoria che spunta nell’amplesso,

temi che il bacio ti consegni

ad altri letti avvolti nel passato

ma da cui può levarsi un sortilegio

sì facilmente, facilmente, e suscitare

fantasmi nello specchio, corpi

che furono,

la loro voluttà.    

Come quando

reduce da paesi stranieri, apri per caso

una cassetta chiusa da gran tempo

e vi trovi brandelli d’abiti che portavi

in ore liete, in feste

con tante luci colorate, specchiate

che declinano sempre:

resta solo l’aroma dell’assenza

d’una figura giovane.

In realtà

non sono quelli i resti: il rudere sei tu.

E ti dànno la caccia con la loro

strana verginità

in casa nell’ufficio

e nei ricevimenti dei signori,

nel timore del sonno, inconfessato.

Parlano di vicende che vorresti

inesistenti o postume,

ardua cosa, perché … »

« Le statue stanno nel museo.

Buona notte ».    

« … perché le statue non sono più reliquie,

noi lo siamo. Le statue si piegano appena … buona notte ».

Si divisero qui. Lui prese l’erta

che porta all’Orsa, e lei

andò verso la spiaggia illuminata

dove soffoca l’onda la voce della radio.  

 

Traduzione di Filippo Maria Pontani

 

Leggere la poesia di Giorgos Seferis “Ὁ Ἡδονικὸς Ἐλπήνωρ” (Κίχλη) (in greco)

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