Poeta e traduttore, Nikos Aliferis è nato ad Atene e ha fatto degli studi in matematica e filosofia a Londra e a Parigi. Ha pubblicato raccolte di poesie, ma ha, anche, insegnato traduzione letterraria presso l’Istituto Italiano di Cultura ad Atene. Aliferis ha un lungo percorso nel settore della traduzione. Da non dimenticare, le sue tradizioni di Flaubert e di Voltaire dal francese, ma principalmente le traduzioni de le opere di Eugenio Montale Diario del ’71 e del ’72, Finistere e altri poesiee Sulla poesia. In questa intervista*, ci parla del ruolo che giocava la letteratura italiana in Grecia, ma sopratutto della poesia di Montale e del suo rapporto con la letteratura in Grecia e con Kavafis. 

Rispetto ad altre letterature straniere, quanto è conosciuta la letteratura e la poesia italiana in Grecia? Come il pubblico greco accoglie le traduzioni della poesia e della letteratura italiana?

In un tempo più remoto la letteratura italiana giocava in Grecia un ruolo importante. D’altronde il rinascimento letterarario del Seicento a Creta nacque grazie, in gran parte, alla presenza dei veneziani nell’ isola. I due poeti più importanti del periodo del romanticismo-idealismo, il poeta nazionale Dionysios Solomos ma anche Andreas Kalvos, provenivano dalle isole Ionie e avevano una cultura italiana. In questi tempi e soprattutto in questa parte della Grecia, la letteratura italiana non soltanto era molto conosciuta ma i libri italiani costituivano spesso il modello per le opere degli scrittori greci. Però verso la fine dell’Ottocento, la letteratura greca, seguendo la corrente letteraria europea, abbandonò lo stile retorico – prima della letteratura italiana, cioè prima dell’arrivo degli “ermetici” – e si allontanò così dalle lettere italiane. Non c’è dubbio che da questo punto in poi, la letteratura francese inizialmente e la letteratura anglosassone dopo divennero più importanti per gli scrittori greci – e anche per il pubblico europeo in generale. Tuttavia durante il XX secolo alcuni scrittori e poeti italiani sono stati molto letti dal pubblico greco, Italo Calvino e Pirandello, per esempio. Ungaretti, anche lui, era molto conosciuto. Invece Montale era quasi sconosciuto fino alla fine degli anni Sessanta. Però, ormai le sue poesie sono molto apprezzate dal pubblico che continua a leggere i poeti.

I poeti italiani contemporanei sono poco tradotti e sono piuttosto sconosciuti in Grecia, mentre alcuni poeti anglosassoni hanno una certa ma limitata reputazione. Per quanto riguarda la prosa contamporanea, non sono competente per parlarne. Senza dubbio i libri di Andrea Camilleri e di Umberto Eco sono molto popolari. Ma rispetto alla prosa commerciale che si dirige ad un pubblico vastissimo non posso pronunciarmi. D’altronde i best sellers molto spesso non hanno nessuno stile particolare. Allora, italiani, greci, francesi o tedeschi non importa molto.

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Secondo Lei, quali sono le caratteristiche speciali della poesia di Montale?

Montale, Ungaretti, Quasimodo e Saba appartenevano tutti alla tendenza dell’ermetismo, benché Montale non abbia mai accettato questo termine. La poesia ermetica, liberata da qualsiasi retorica, è una versione italiana della poesia «pura» che sopprime l’oggetto e tende a diventare oggetto di se stessa. Ė anche una tendenza letteraria dove prevale l’inesprimibile e il sottinteso.

La poesia di Montale, in particolare, è caratterizzata da una grande musicalità, soprattutto nel primo periodo della sua vita letteraria. Spesso una forma molto precisa racchiude un contenuto esplosivo (Finisterre). Il poeta genovese parla di se stesso, della sua avventura individuale, e mai in quanto “poeta nazionale”. 

Per quanto riguarda le sue poesie dopo gli anni Sessanta, il suo stile progressivamente cambia. La sua poesia diviene prosastica, i tropi, cioè le figure retoriche, controbilanciano la mancanza degli elementi lirici. Prevale un carattere gnomico ma senza moralismo. Molte volte in tono ironico Montale parla con la voce dell’Opinione. Inoltre, esprime una posizione critica tanto rispetto al comunismo quanto rispetto allla società consumistica. Le rime sono rare (salvo le rime interne) e non c’è un metro evidente. Però le sue poesie rimangono sempre, in un certo senso, molto musicali.

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Quale era il rapporto di Montale con Cavafis e con la letteratura greca in generale?

Montale e Ungaretti avevano dei rapporti molto interessanti con la Grecia moderna, tramite sopratutto Kavafis. Ungaretti, nato ad Alessandria, conosceva il poeta greco e frequentava la cerchia di Kavafis. Montale si interessò, penso, alla Grecia grazie al suo contatto con Kavafis, in traduzioni inglesi o italiane. Venne in Grecia due volte negli anni Sessanta e scrisse un certo numero di saggi sul Paese. Tradusse per la prima volta la poesia Aspettando i barbari nel 1946. Scrisse due saggi su Kavafis, Un poeta alessandrino (1955) e Un poeta greco (1962). Una delle sue poesie degli anni Settanta è intitolata Leggendo Kavafis. Inoltre lo menziona in altri testi come nel saggio Antologie bilingui, dove si riferisce anche brevemente a Palamàs, Sikelianòs, Mavilis, Seferis ed Elitis. Credo però che, salvo Kavafis, Montale conoscesse poco la letteratura ellenica del suo tempo.

Ci sono molte somiglianze e affinità fra Kavafis e le ultime poesie di Montale.  Ma la caratteristica comune, la più manifesta, è il fatto che nell’opera di entrambi il pensiero, in un certo modo, si trasforma in sentimento. Ė possibile che Montale nel suo ultimo periodo fosse influenzato da Kavafis? Non è da escludere.

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* Intervista accordata a Maria Oksouzoglou per PuntoGrecia

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