Gilda Tentorio insegna lingua e letteratura neogreca all’Università di Pavia. È inoltre la responsabile della sezione italiana della Società “Amici di Nikos Kazantzakis”. Nonostante la sua giovane età, Gilda Tentorio è già un nome importante nel campo degli studi greci.

Abbiamo incontrato la professoressa Tentorio ad Atene, in occasione della conferenza sul tema “Kazantzakis e l’Italia” (12.2.2016). La ringraziamo infinitamente per l’interessantissima intervista che ha concesso a Punto Grecia, ma soprattutto per il suo contributo nella diffusione della lingua e cultura greca in Italia.

 

È davvero commovente vedere dei giovani studiosi dedicare la propria vita allo studio della lingua e della cultura greca, tanto più quando non sono greci. Cosa significa per Lei la Grecia e la cultura greca? E come è iniziato il Suo coinvolgimento con la lingua e la letteratura greca?

Dopo il Liceo Classico, ho continuato il percorso di Lettere Classiche all’Università e ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada grandi Maestri che mi hanno fatto scoprire le tante sfumature del mondo antico, i professori Del Corno e Aloni: da entrambi ho assorbito l’amore per la letteratura e la terra greca. Con il prof.Aloni ho svolto il mio dottorato, aperto all’esplorazione diacronica di un tema che dopo infinite metamorfosi è approdato anche alla letteratura greca moderna: il canto delle Sirene da Omero alla Gorgona, sorella di Alessandro Magno.

Per ragioni di studio ho passato lunghi periodi in Grecia, dove ho stretto profonde amicizie con miei coetanei: prima eravamo studenti universitari accomunati da passioni e sogni per il futuro, ora siamo giovani che cercano di costruirsi una propria vita. I legami sono rimasti molto forti, e ogni volta che torno in questa mia “seconda patria”, rivedo tutti gli amici sparsi fra il Peloponneso e la Macedonia.

Nel 2010, grazie a una borsa di studio IKY, sotto la supervisione del prof. Grammatàs, ho avvicinato il vivacissimo panorama teatrale di Atene, per una ricerca sul teatro greco contemporaneo: ho conosciuto grandi drammaturghi (ad esempio Pavlos Matesis, Marios Pontikas) e giovani autori, come pure studiosi con i quali collaboro. Sono la responsabile della sezione italiana della Società “Amici di Nikos Kazantzakis”, scrivo per diverse riviste, cercando di diffondere in Italia l’interesse per il teatro e la letteratura greca.

Lei insegna letteratura greca all’Università di Pavia. Qual è la situazione in Italia oggi per quanto riguarda gli studi greci? Lei crede che i giovani italiani si interessino agli studi greci? Questo interesse si focalizza piuttosto sulla Grecia antica?

In ambito accademico gli studi si concentrano quasi esclusivamente sulla Grecia antica. Le poche cattedre di lingua e letteratura neogreca chiudono o sono in difficoltà. A Firenze per esempio, dove ho insegnato per alcuni anni, nonostante i numerosi appelli di studenti e docenti, per ragioni prettamente burocratiche l’insegnamento è stato chiuso. In generale, questa disciplina viene percepita come marginale. Occorre fare i conti, ancora oggi, con il pregiudizio di alcuni classicisti, che guardano con sospetto al neogreco come “corruzione” dell’antico. Sicuramente nel Sud Italia le radici greche (Magna Grecia, Bisanzio, oasi della diaspora greca) sono molto più sentite, e nel territorio veneto il neogreco riesce a ritagliarsi spazi di rilievo anche per ragioni storiche. Più difficile la sua presenza in altre regioni del Nord, dove le comunità greche sono poco numerose. Ma l’Università di Pavia (dove fra gli altri studiò il giovane Solomòs) ha aperto l’anno scorso, grazie all’interessamento del Console di Grecia di Milano, con il sostegno di professori di cultura classica “innamorati” anche della Grecia moderna, un esperimento “pilota”: un corso di 36 ore di lingua e letteratura neogreca. Sono stata felice di vincere la selezione e questo è il mio secondo anno. L’interesse degli studenti si è subito mostrato vivace: una studentessa è ora a Salonicco per un Erasmus, altri vorrebbero continuare e approfondire gli studi. Il mio compito è per ora quello di mostrare la presenza viva della Grecia di oggi e accendere scintille di curiosità. Speriamo che sia l’inizio di un lungo percorso.

Quanto si conosce della letteratura neogreca in Italia? Qual è la situazione in materia di traduzioni? Vengono tradotti scrittori e poeti greci contemporanei? E in caso affermativo, quanto sono popolari ?

Tasto dolente. Negli anni ’60-’70, grazie a neogrecisti di fama, sono state pubblicate alcune traduzioni importanti. Forse allora la Grecia era più “di moda”: grande era la partecipazione emotiva per il triste periodo dei Colonnelli, c’era la storia d’amore fra Oriana Fallaci e Alexis Panagoulis, e poi Maria Callas, Seferis ed Elytis avevano vinto il Nobel… E’ seguito quindi un periodo di minore fortuna.

Occorre citare il caso dell’editore Nicola Crocetti di Milano, che ha pubblicato Ritsos e altri autori contemporanei di poesia e prosa (Alexandrou, Alexakis, Galanaki, Zateli, Koumandareas, per fare solo alcuni nomi). Dal 2011 ha cominciato a tradurre il grande Nikos Kazantzakis: fino ad allora circolava una vecchia edizione di “Zorba”, traduzione italiana dall’inglese (a sua volta traduzione dal francese!); l’anno scorso è uscito “Rapporto al Greco” e l’“Odissea” è in lavorazione.

L’editore Argo a Lecce ha pubblicato alcuni titoli di rilievo e così altri piccoli editori in Sicilia. L’iniziativa però dipende dai singoli, che lavorano su piccola scala, con una conseguente estrema frammentazione. Il lettore italiano che oggi voglia conoscere la letteratura neogreca, si trova in grande imbarazzo perché non sa dove dirigere il suo sguardo: gli strumenti teorici sono esigui e ormai datati (la pregevole storia della letteratura di Mario Vitti è del 2001, ma mancano manuali con altro taglio metodologico e sono rare le antologie, anche se in tal senso va segnalato lo sforzo di Crocetti di una panoramica sulla poesia del ‘900).

Gli autori greci più noti in Italia sono Kavafis, che conta numerosissime traduzioni e commenti, e fra i contemporanei un poeta molto amato e premiato in Italia è Titos Patrikios. Ormai Petros Màrkaris, con il suo celeberrimo Charitos, ha superato la fama di Vassilis Vassilikòs ed è ospite fisso ai Festival di Letteratura.

Io faccio sempre leggere ai miei studenti del ginnasio “La tigre in vetrina” di Alki Zei, che piace moltissimo.

Pochissimi altri sono conosciuti, e solo da lettori di nicchia, perché in generale il lettore medio italiano è pigro e poco curioso. Finalmente da qualche anno si pubblicano anche in Italia i fumetti di Arkàs (ed.Lavieri), anche se naturalmente in traduzione si perde molto della sua pungente ironia.

tentorio intervista

 

Anche Lei è impegnata nella traduzione di opere greche. Vuole parlarci della Sua esperienza?

Si pensava che la crisi attuale accendesse i riflettori anche sulla letteratura, ma a parte il caso di Christos Oikonomou, soprannominato “Faulkner greco”, gli editori sono molto cauti e sospettosi, e spesso accampano motivazioni “di mercato”, a scapito della qualità.

Ho nel cassetto diverse traduzioni di romanzi a mio avviso importanti, che però mi vengono respinti con le più varie e improbabili giustificazioni: “troppo greco”, troppo lungo o troppo breve, troppo “strano”… Da quando sono stati tagliati i fondi europei e ministeriali per la promozione della letteratura greca all’estero, gli editori italiani spesso garantiscono la pubblicazione solo dietro finanziamento e quindi l’operazione “tradurre” è diventata sempre più difficile.

Il mio esordio nella traduzione è avvenuto nel 2002 con il romanzo storico di Ghiorgos Leonardos Il pirata Barbarossa per l’editore Crocetti, e poi per la mia tesi di dottorato ho scoperto e amato molto la poesia di Nikiforos Vrettakos, di cui ho tradotto un poemetto (Il Viaggio dell’Arcangelo) e una scelta di liriche per la rivista “Poesia”. Tradurre poesia è un’esperienza ardua, un confronto con la singola parola: significa trasferire, giocare sul filo della mobilità, alla ricerca di chiavi sonore per tentare di riprodurre in altra forma l’unicità di quella parola che nell’originale brilla nella sua perfezione. Il rimpianto Umberto Eco parla del tradurre-tradire come di un “dire quasi la stessa cosa”, e nella consapevolezza di quel quasi si racchiudono tanti dilemmi, sofferenze e anche illuminazioni.

Mi sono cimentata anche con la scrittura saggistica, con la traduzione di alcuni saggi confluiti in un numero monografico della rivista Culture Teatrali (n.23, 2014) dove, insieme ad alcuni docenti delle Università di Atene, Salonicco, Patrasso, Cipro, abbiamo cercato di dare una panoramica sul teatro greco contemporaneo. Anche pubblicare testi di teatro greco presso editori specializzati si sta rivelando una non facile impresa…

Lei ha recentemente pubblicato un libro intitolato “Binari, ruote & ali in Grecia. Immagini letterarie e veicoli di senso”. Ci può raccontare brevemente cosa riguarda?

Si tratta di una raccolta di saggi in cui mi concentro sugli intrecci fra letteratura greca e mezzi di trasporto, quindi: treni, automobili, motociclette, aeroplani. Infatti l’esplorazione della modernità a partire dai suoi motori mobili è un osservatorio privilegiato dove realtà e immaginario si incrociano, e questo approccio offre nuove possibilità di accostarsi ai testi, per la maggior parte ignoti al pubblico italiano. Così accanto ai treni delle liriche di Ritsos, ci sono i simboli legati ai treni di Vassilikòs e Ioannou, le automobili di Theotokàs e di Elytis e poi quelle dei romanzi di Triantafyllou, Stamatis, Sotiropoulou, le motociclette in Koumandareas, e poi le immagini del volo, da Palamàs a Uranis, Vaghenàs e Matesis… Analisi letterarie di poesie e prose si intrecciano a episodi di costume e curiosità, come la polemica di Myrivilis contro le motociclette o il dibattito politico-culturale intorno alla visita di Gagarin ad Atene nel 1962…

Se in Italia esistono studi su tematiche affini in opere di altre letterature (assai noto ad esempio il volume di Remo Ceserani, Treni di carta), nessuno aveva considerato la specificità di autori greci. D’altra parte, in Grecia si possono consultare rassegne antologiche o manuali di storia della cultura, in cui appaiono anche estemporanei esempi letterari. Nel mio libro invece, prendendo spunto dagli strumenti di analisi di diverse discipline, nei loro più recenti sviluppi (narratologia, semiotica, geocritica ecc.), ho raccolto casi di studio particolari, per “sdoganare” la letteratura greca da certo immaginario convenzionale: soprattutto in questi ultimi anni, in cui la specificità culturale della Grecia rischia di restare soffocata in immagini unidimensionali (crisi, cifre e standard non raggiunti), è necessario a mio avviso dare linfa a nuove pieghe di interesse, in modo da inserire la letteratura greca in una prospettiva dinamica ed europea.

Un’ultima domanda, per finire con una nota di ottimismo. Pensa che la letteratura greca, sia antica che moderna, abbia qualcosa di speciale, di prezioso da offrire all’uomo del 21 ° secolo? Greco, Italiano, Europeo? Alla società attuale?

Nei suoi esempi migliori, la letteratura greca riesce a calibrare sul mondo uno sguardo particolare. Ciò dipende dal complesso rapporto di odio-amore verso l’eredità antica, ma più spesso da una vivace curiosità, attenta a decifrare il mistero sempre nuovo della natura umana. Inoltre la storia recente della Grecia, devastata da tante tragedie, fa sì che qui i valori di libertà e dignità, abbiano una risonanza molto forte.

In questo momento il mio osservatorio privilegiato è il teatro, che offre un panorama molto dinamico, di voci che si interrogano sulle problematiche dell’oggi. Certamente la crisi attuale ha sgretolato utopie, progetti e sogni, come si vede in molte opere recenti, percorse da un vento di desolazione, in scenari apocalittici di violenza. C’è però anche una modalità verbale e immaginifica più efficace, quando cioè l’ironia riesce a demolire con levità il mondo, mostrando l’aspetto surreale della realtà di tutti i giorni, e forse, in fondo, anche la fievole luce della speranza nell’Uomo. Sotto le ceneri di un presente difficile e lacerato, continuano a vibrare le energie creative. Sta a noi ascoltarle…

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